Ruolo Gen. n. 5 del 2014 
 
                        TRIBUNALE DI CAGLIARI 
 
 
                        Il giudice designato 
 
    Letto il ricorso presentato in  data  2  gennaio  2014  ai  sensi
dell'art. 702-bis cpc da Cabitza Flavio, Carboni Mario, Cocco Andrea,
Colli Giovanni, Golme Sarah, Melis Leonardo, Mureddu Celestino, Murru
Pietro, Patta Antioco, Pattarozzi Andrea, Pili Mauro, Satta  Mario  e
Zedda Paolo Flavio, domiciliati elettivamente in Cagliari  presso  lo
studio delle procuratrici avvocato Luisa Armandi  e  Roberta  Campesi
che, unitamente  al  procuratore  avvocato  Felice  C.  Besostri,  li
rappresentano tutti, salvo Pattarozzi Andrea,  avvocato  che  sta  in
giudizio personalmente, in forza di altrettante procure speciali alle
liti apposte su fogli separati in calce al ricorso e li difendono; 
    letta la comparsa di risposta depositata in data  8  aprile  2014
della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  in   persona   del
Presidente del Consiglio in carica e del Ministero  dell'Interno,  in
persona   del   Ministro   in   carica,   rappresentati   e    difesi
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari,  presso  i  cui
uffici in Cagliari sono legalmente domiciliati; 
    esaminati gli atti e le note illustrative depositate dalle  parti
in data 23 aprile 2014; 
    ritenuta, a scioglimento della riserva di cui all'udienza del  11
aprile 2014, la propria  competenza  per  territorio  a  decidere  la
presente controversia; 
    ritenuto  che  le  difese  svolte  dalle  parti  non   richiedano
un'istruzione non sommaria e che la causa possa essere  decisa  sulla
base delle risultanze documentali in atti, osserva. 
1. L'oggetto del giudizio. 
    I ricorrenti hanno convenuto al giudizio di questo  tribunale  la
Presidenza del Consiglio dei Ministri ed  il  Ministero  dell'Interno
affinche' venga accertato  che  il  diritto  all'esercizio  del  voto
libero, eguale, personale e diretto per le elezioni dei rappresentati
italiani al Parlamento Europeo - di cui ciascuno  ha  assunto  essere
titolare in quanto cittadino elettore iscritto in Comuni appartenenti
alla Circoscrizione europea V Insulare della Sardegna e Sicilia - non
puo' essere esercitato nelle forme e nei limiti previsti e  garantiti
dal combinato disposto degli articoli 1, 2, 3, 48, 49, 51, 56, 58,  e
117, primo comma, della Costituzione e dell'art. 3 della  Convenziona
Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, nonche' degli artt. 20, 22, 223 e 224 TFUE, artt 2,  6,
9, 10 e 14 TUE , Preambolo cpv 2°, artt. 10, 12, 20, 21  e  39  Carta
dei diritti fondamentali dell'UE, art.  l  c. 1  nn.  2),  3)  e  8),
decisione 2002/772/CE che modifica l'atto relativo  all'elezione  dei
rappresentanti al Parlamento Europeo a suffragio universale  diretto,
allegato alla decisione 76/787 CECA, CEE, EURATOM e della sentenza 23
aprile  1986  in  causa  294/1983  Parti  Ecologiste-Les  Verts   vs.
Parlament Europeen. 
    I ricorrenti, in particolare, hanno  rassegnato  con  il  ricorso
introduttivo le seguenti conclusioni: 
        "Piaccia al Tribunale  Civile  di  Cagliari,  ogni  contraria
istanza e deduzione disattesa, cosi' giudicare: 
previo rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFUE alla Corte di
Giustizia       dell'UE        delle        questioni        relative
all'interpretazione/applicazione del diritto comunitario; 
previa  rimessione  alla  Corte   costituzionale,   delle   questioni
incidentali di costituzionalita' che con  il  presente  atto  vengono
dedotte in giudizio,  considerata  la  loro  rilevanza  ai  fini  del
decidere e ritenuta la loro non manifesta infondatezza: 
    - accertare e dichiarare il diritto dei  ricorrenti  -  cittadini
italiani  ed  elettori  iscritti   nelle   liste   elettorali   della
Circoscrizione V (doc. 1. e 2. ) - di esercitare il  proprio  diritto
di voto libero, eguale, personale e diretto, cosi' come attribuito  e
garantito nel suo esercizio dalla Costituzione Italiana e dai vigenti
Trattati  sull'Unione  Europea  e  il  suo  funzionamento   e   norme
comunitarie - 
    In caso di resistenza alla domanda attrice, spese  compensate  in
quanto non vi e'  un  interesse  privato  nel  suo  accoglimento,  ma
interesse personale come  cittadini  elettori  alla  regolarita'  del
processo elettorale." 
    1.1. I convenuti si sono opposti all'accoglimento  delle  domande
di parte ricorrente eccependo, in via preliminare di rito, la carenza
dell'interesse ad agire e la nullita' della domanda per  la  assoluta
indeterminatezza delle conclusioni  e  chiedendone,  nel  merito,  il
rigetto in ragione della loro infondatezza. 
2. Le questioni preliminari di rito. 
    2.1. L'Avvocatura dello Stato ha eccepito il difetto di una delle
condizioni dell'azione  assumendo  che  i  ricorrenti  non  sarebbero
portatori  di  un  interesse  ad  agire  "munito  dei  requisiti   di
concretezza ed attualita' indispensabili  per  potere  ingenerare  il
dovere del Giudice di pronunciare nel merito". 
    L'eccezione deve essere disattesa. 
    Sul  punto  e'  sufficiente  richiamare  l'autorevole  precedente
rappresentato dalle pronunzie della Corte di Cassazione di  cui  alla
ordinanza  interlocutoria  n.  12060/  2013  del  21.3.2013  e  della
sentenza n. 8878/2014 del 4 aprile 2014 in cui la Corte ha affrontato
espressamente - e positivamente risolto - la questione relativa  alla
sussistenza, ai sensi dell' art. 100 cpc, dell'interesse in capo alla
parte ricorrente - che aveva proposto in quel giudizio una domanda di
accertamento in ordine all'esercizio del  diritto  di  voto  in  modo
libero,  diretto  e  conforme   alle   previsioni   contenute   nella
Costituzione e nel Protocollo 1 della Cedu del tutto simile a  quella
oggetto del presente giudizio - a proporre un'azione il  cui  petitum
sostanziale era diretto al riconoscimento della pienezza del  diritto
di voto, quale diritto politico di rilevanza primaria, attraverso  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme, in  tesi,
lesive di tale posizione soggettiva. 
    2.2. Le parti convenute hanno altresi' eccepito che  la  assoluta
indeterminatezza   delle   conclusioni   rassegnate   dai   convenuti
determinerebbe la nullita' della domanda. 
    La semplice lettura delle conclusioni formulate  dai  ricorrenti,
in uno con lo stretto nesso di consequenzialita' che  esiste  tra  la
rappresentazione contenuta nelle pagine del ricorso espositive  della
lamentata lesione del diritto di voto e la tutela invocata,  consente
di  escludere  che  vi  sia  nel  ricorso  introduttivo  una  qualche
incertezza sul contenuto del petitum  la  cui  portata  sia  tale  da
rendere nullo l'atto introduttivo. 
3. La prova della titolarita' del diritto di voto che si assume leso. 
    Tutti i ricorrenti ad esclusione di Pattarozzi Andrea  (il  quale
non ha effettuato sul punto alcuna produzione)  hanno  dimostrato  di
essere elettori iscritti nelle liste elettorali. 
    Tutti i ricorrenti ad esclusione  di  Pattarozzi  Andrea  e  Pili
Mauro (il quale ha prodotto un attestato della  Camera  dei  Deputati
XVII Legislatura dal quale risulta il luogo e la data di nascita,  la
qualita'  di  Deputato  ma  non  la  sua  attuale  residenza)   hanno
dimostrato di essere iscritti nelle liste  elettorali  di  un  Comune
appartenente alla Circoscrizione europea V Insulare della Sardegna  e
Sicilia. 
    In assenza della prova di tali presupposti  di  fatto,  idonei  a
dimostrare  in  concreto  la  titolarita'  in  capo   ai   ricorrenti
Pattarozzi Andrea e Pili Mauro del diritto  a  tutela  del  quale  e'
stata esercitata la presente azione di accertamento,  la  domanda  da
costoro proposta manca dei presupposti di merito  per  potere  essere
accolta. 
4. Le doglianze dei ricorrenti in generale. 
    Le doglianze dei ricorrenti sono state  esposte  in  ricorso  nei
seguenti termini riassuntivi e generali. 
    «Con la domanda di merito si chiede  l'accertamento  del  diritto
degli attori di esercitare il proprio diritto di voto libero,  eguale
e diretto, cosi' come costituzionalmente garantito nel suo esercizio,
lamentandone  la  lesione  a  causa  della   dedotta   illegittimita'
costituzionale  e   della   contrarieta'   alla   normativa   europea
comunitaria della legge L. 24 gennaio 1979,  n.  18  -  Elezione  dei
membri  del  Parlamento  europeo  spettanti  all'Italia  cosi'   come
modificata Legge 20 febbraio 2009, n. 10  "Modifiche  alla  legge  24
gennaio  1979,  n.  18,  concernente  l'  elezione  dei  membri   del
Parlamento europeo spettanti all'Italia". 
    Le censure d'incostituzionalita' traggono principalmente  origine
dalle modificazioni,  introdotte  con  la  Legge  n.  10/2009,  nella
disciplina  previgente  sulla  elezione   del   Parlamento   Europeo,
contenuta nei  testi  originari,  nonche'  di  modifiche  legislative
nazionali   e   comunitarie   entrate   in   vigore   successivamente
all'adozione della 1. 18/1979, come la Legge 15 Dicembre 1999, n. 482
"Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche"  e
il Trattato di Lisbona. Le modificazioni evidenziano, al  di  la'  di
ogni ragionevole dubbio, la incompatibilita' della normativa  attuale
con le norme costituzionali e comunitarie in materia, avuto  riguardo
ad alcune delle disposizioni introdotte a modifica o  a  integrazione
delle precedenti.» 
    4.1. Gli articoli della legge 24 gennaio 1979 n. 18 "Elezione dei
membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia", come  modificata
dalla legge 20 febbraio 2009 n. 10, che si assumono in tesi di  parte
ricorrente  lesivi  dell'esercizio  di  voto   secondo   i   principi
costituzionali e comunitari sono i seguenti: 
        - 12, comma 4, 5 e 9; 
        - 20, c 1, n. 1); 
        - 21, c. 1 n. 1) bis, 2 e 3); 
        - 22, commi 2 e 3. 
    4.2. Le norme di rango costituzionale che si assumono violate  da
tali disposizioni sono gli articoli: - 1; - 2; - 3; - 48; - 49; - 51;
- 56; - 58; - 117, primo comma, della Costituzione. 
    4.3 Le norme di rango comunitario che si assumono violate da tali
disposizioni sono gli articoli: - 3 della Convenziona Europea per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali; 20,
22, 223 e 224 TFUE; - 2, 6, 9, 10 e 14 TUE , Preambolo cpv 2°; -  10,
12, 20, 21 e 39 Carta dei diritti fondamentali dell'UE; - 1 c. 1  nn.
2), 3) e 8),  decisione  2002/772/CE  che  modifica  l'atto  relativo
all'elezione dei rappresentanti al  Parlamento  Europeo  a  suffragio
universale diretto, allegato alla decisione 76/787 CECA, CEE, EURATOM
e  della  sentenza  23  aprile   1986   in   causa   294/1983   Parti
Ecologiste-Les Verts vs. Parlament Europeen. 
5. Le singole doglianze. 
    Si  procede  ora  all'esame  delle  singole  doglianze   seguendo
l'ordine espositivo contenuto in ricorso. 
    5.1. Ricorso Paragrafo 8 pag.6. "Con l'assegnazione di  seggi  al
di fuori della Circoscrizione a causa  del  comportamento  elettorale
dei votanti nella circoscrizione  si  viola  il  principio  del  voto
personale e diretto". 
    La norma che determina la violazione rappresentata dai ricorrenti
in  ordine  al  c.d.  slittamento  dei  seggi  dalle   circoscrizioni
territoriali dell'Italia Meridionale ed Insulare con minore affluenza
e' in realta' l'art. 21, primo comma n. 3 della legge 24 gennaio 1979
n.  18  "Elezione  dei  membri  del  Parlamento   europeo   spettanti
all'Italia", come modificata dalla legge 20 febbraio 2009 n. 10. 
    Tale norma, per la parte  qui  in  rilievo,  e'  da  considerarsi
abrogata per incompatibilita' in conseguenza dell'entrata  in  vigore
delle disposizioni di cui alla legge 9 aprile 1984 n. 61. 
    Il fenomeno dello slittamento e' da ritenersi superato in ragione
dell'applicazione anche alle elezioni del  Parlamento  Europeo  della
disciplina prevista dall'art. 83,  primo  comma,  n.  8  del  Dpr  n.
361/1957 in materia di elezione della Camera dei Deputati. 
    Le considerazioni difensive svolte  sul  punto  dalla  Avvocatura
dello   Stato   sono   condivisibili   in   quanto   viene    offerta
un'interpretazione della legge 24 gennaio  1979  n.  18  conforme  ai
principi costituzionali e comunitari che si basa sul contenuto  delle
pronunzie del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale n. 2886  del
2011 ed in sede consultiva n. 4748 del 2013. 
    5.2. Ricorso Paragrafo 9 pag. 9. "L'introduzione della soglia del
4% e' incostituzionale e contraria ai trattati in quanto la sola base
che lo consente e'  la  decisione  2002/772/CE  nella  parte  in  cui
introduce con l'art. 1  c.1  n.  3)  l'art.  2  bis  nella  decisione
76/787/CECA, CEE, Euratom, che ammette la possibilita' di  introdurre
soglie di acceso fino ad un massimo del 5% nazionale." 
    I   ricorrenti   si   dolgono   sotto   diversi   profili   della
illegittimita' costituzionale e della  non  conformita'  ai  principi
comunitari della normativa nazionale sopra richiamata per la parte in
cui esclude dal riparto dei seggi le liste che non hanno superato  lo
sbarramento del 4% dei voti validi a livello nazionale. 
    L'Avvocatura dello Stato contesta le  argomentazioni  svolte  sul
punto dai ricorrenti sulla base dei seguenti richiami: 
        1) alla normativa comunitaria per la parte in cui con  l'Atto
Unico firmato  a  Bruxelles  il  20  settembre  1976  attribuisce  al
legislatore nazionale la facolta' di introdurre una soglia minima  di
sbarramento non superiore al 5% dei suffragi espressi senza prevedere
alcun correttivo a beneficio delle liste che non la raggiungono; 
        2) alle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo 
a) ricorso n. 10226/03 Yumak e Saddak c.Turchia in data 8 luglio 2008
(in forza della quale e'  stato  escluso  che  l'imposizione  di  una
soglia elettorale di sbarramento violi la liberta' di espressione dei
cittadini e in particolare l'art. 3 del Protocollo n. 1  della  Cedu;
cfr. paragrafi 105 e seguenti) ; 
b) ricorso n. 11583/08 Saccomanno c. Italia in data 13 marzo 2012 (in
forza della quale sono stati ribaditi i principi piu' volte  espressi
dalla Corte in ordine al fatto che il diritto soggettivo di  voto  di
cui all'art. 3 del Protocollo  n.  1  della  Cedu  non  e'  assoluto,
potendo essere sottoposto ad alcune «limitazioni implicite», le quali
sono individuate con un ampio margine di discrezionalita' dagli Stati
contraenti e possono avere  ad  oggetto  i  correttivi  previsti  nei
sistemi proporzionali per correggere gli effetti negativi  di  questo
tipo di scrutinio ed assicurare una maggiore  stabilita'  all'interno
del Parlamento, ivi compresi i  premi  di  maggioranza  e  le  soglie
elettorali di sbarramento; cfr. paragrafi 47, 48,  49,  50,  71,  73,
74); 
        3) alla decisione della Corte costituzionale  nella  sentenza
n. 271 del 2010 resa in data 8 luglio 2010  con  la  quale  e'  stata
dichiarata inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 21, comma 1, n. 2 della legge 24  gennaio  1979  n.  18  in
riferimento  agli  articoli  1,  3,  11,  48,  49,  51  e  97   della
Costituzione e in relazione  all'art.  10  del  Trattato  sull'Unione
Europea, 10, 11,  39  e  40  della  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione Europea nella parte in cui prevede «la  soglia  nazionale
di sbarramento . . . senza stabilire alcun correttivo, anche in  sede
di riparto dei resti, in  particolare  «non  consentendo  anche  alle
liste  escluse   dalla   soglia   di   sbarramento   di   partecipare
all'assegnazione dei seggi attribuiti con il  meccanismo  dei  resti»
(in forza della quale e' stato affermato che "ove pure si  ammettesse
che  una  clausola  di  sbarramento,   che   estrometta   del   tutto
dall'attribuzione dei  seggi  le  liste  sotto  il  4%,  senza  alcun
correttivo, sia in contrasto con i parametri costituzionali  indicati
dal collegio rimettente, va osservato che  quest'ultimo  domanda  una
pronuncia additiva. Il giudice a quo, infatti, chiede a questa  Corte
di introdurre un meccanismo diretto ad attenuare  gli  effetti  della
soglia di sbarramento, consistente nel concedere alle liste  che  non
l'abbiamo superata la possibilita' di partecipare, con le  rispettive
cifre elettorali, all'aggiudicazione dei seggi distribuiti in base ai
resti. Ma tale attenuazione non ha una  soluzione  costituzionalmente
obbligata, potendosi immaginare numerosi correttivi volti a temperare
gli effetti della soglia di sbarramento, a  partire  dalla  riduzione
della soglia stessa. Ne deriva, secondo la costante giurisprudenza di
questa corte, che la questione  sollevata  sollecitando  l'intervento
additivo in assenza di  una  soluzione  costituzionalmente  obbligata
deve ritenersi inammissibile - fra le piu' recenti,  sentenza  numero
58 del 2010; ordinanze n. 59 e 22 del 2010)"; 
        4) alla decisione del Consiglio di Stato n. 4786 del 2011  in
data 16 agosto 2011 in ordine alla interpretazione da  dare  all'art.
21, comma 1, n. 2 della legge 24 gennaio 1979 n. 18 in relazione  sia
alla compatibilita' coi  principi  costituzionali  e  comunitari  del
quorum   di   sbarramento,   sia    con    riguardo    all'esclusione
dell'assegnazione dei seggi che rimangono ancora da  attribuire  dopo
la divisione della cifra elettorale nazionale di ciascuna  lista  per
il quoziente elettorale  nazionale  a  quelle  liste  che  non  hanno
superato la soglia del 4%  del  quoziente  elettorale  nazionale  (in
forza della quale e'  stato  riconosciuto  che  la  previsione  della
clausola di sbarramento "non collide con le coordinate costituzionali
in quanto persegue la ragionevole finalita' di evitare una  eccessiva
frammentazione   della   rappresentanza    parlamentare    attraverso
l'esclusione delle forze politiche che non dimostrino  sul  campo  il
possesso di un'adeguata  rappresentativita'  .  .  .  meccanismo  che
neppure collide con la normativa comunitaria visto che, al contrario,
la decisione del Consiglio 76/787/CECA, CEE, Euratom, come modificata
dalla decisione 25 giugno 2002  e  23  settembre  2002,  2002/772/CE,
riconosce la possibilita' ai Paesi membri di  introdurre  una  soglia
minima di sbarramento per l'attribuzione dei seggi, entro  il  limite
del 5% dei suffragi validamente espressi, senza prevedere alcun  tipo
di  correttivo  a  beneficio  delle  forze  politiche  che   non   la
raggiungano. Ne  deriva  che  la  normativa  comunitaria,  lungi  dal
considerare il principio di  proporzionalita'  incompatibile  con  la
fissazione una clausola di sbarramento, considera l'introduzione  del
quorum quale correttivo utile onde  accrescere  la  stabilita'  degli
organi elettivi. Si deve aggiungere che la normativa comunitaria  non
fissa vincoli puntuali agli Stati membri nazionali in quanto  rimette
alla discrezionalita' politica del legislatore  nazionale  la  scelta
circa l' an e le modalita' di esercizio dell'opzione. Non conduce  ad
un diverso esito la sottolineatura, operata in  sede  d'appello,  dei
principi di liberta',  pluralismo  e  rappresentativita'  democratica
sanciti dai Trattati di Nizza e di Lisbona, posto che  detti  cardini
ordinamentali non toccano in modo specifico la materia elettorale e',
comunque, non ostano ad una scelta normativa tesa a razionalizzare la
rappresentanza parlamentare con l'introduzione di  un  correttivo  al
principio  di  proporzionalita'  teso  scongiurare  il   rischio   di
dispersione del  voto  e  di  frammentazione  delle  forze  politiche
nazionali. Detta opzione risulta immune ai rimproveri  costituzionali
rivolti dall'appellante in quanto la democraticita' ed il  pluralismo
del sistema rappresentativo non sono lesi dalla previsione di  quorum
elettorali o di limitazione alla rappresentanza delle forze politiche
concorrenti  in  una  competizione  elettorale.  Il   sistema   della
proporzionalita' e, infatti, uno dei possibili sistemi utilizzati dal
legislatore, suscettibile di deroga mediante temperamenti alla fedele
traduzione in seggio dei consensi che favoriscono la governabilita' e
la razionalizzazione del  consenso.  La  scelta  di  prevedere  detta
soglia  di  sbarramento  nella  misura  del  4%   non   inficia   poi
l'eguaglianza del diritto di voto ex art. 48 Cost. E non innesca  una
disparita' di trattamento dei candidati in contrasto  con  l'art.  51
Cost.. La differenziazione operata tra i  candidati  e  le  liste  di
appartenenza  non  e',  infatti,  frutto   di   una   discriminazione
legislativa aprioristica ma rappresenta  la  conseguenza  fisiologica
dell'espressione della volonta' sovrana degli elettori. Alla  stregua
di dette coordinate non puo' ritenersi che il «diritto  di  tribuna»,
ossia l'assegnazione dei seggi anche ai raggruppamenti  politici  che
non  hanno  raggiunto  la  soglia  minima,  costituisca  una  pretesa
qualificata sul piano  costituzionale  o  comunitario  in  quanto  la
scelta  di  fissare  una  soglia  di   rappresentativita'   mira   al
ragionevole scopo di assicurare la presenza in Parlamento europeo  di
forze politiche che abbiano un ruolo adeguato  nel  sistema  politico
nazionale e che,  come  tali,  siano  idonee  a  concorrere  in  modo
adeguato al processo di formazione delle scelte politiche  in  ambito
europeo. .  .  .  Il  problema  del  riconoscimento  delle  minoranze
linguistiche al pari di  ulteriori  problemi  tecnici  connessi  alla
legislazione settoriale - quali  anche  i  contestati  effetti  dello
sbarramento con riferimento al rimborso delle spese per  le  campagne
elettorali - non possono mettere in discussione la scelta legislativa
di limitare l'elezione alle sole liste  maggiormente  rappresentative
nell'ambito di un meccanismo elettorale in questione che  prevede  un
collegio   unico   nazionale   pur   se    articolato    in    cinque
circoscrizioni.)" 
    Le osservazioni  difensive  svolte  dall'Avvocatura  dello  Stato
attraverso i suddetti richiami normativi e giurisprudenziali  debbono
essere condivise. 
    In particolare,  le  decisioni  richiamate  (alla  cui  integrale
motivazione si rimanda)  hanno  gia'  avuto  modo  di  affrontare  la
maggior parte  delle  questioni  qui  in  esame  come  sollevate  dai
ricorrenti  ed  hanno  tracciato  un  quadro  preciso  dei   principi
costituzionali  e  comunitari  dalla  cui  interpretazione  non  v'e'
ragione di discostarsi (non essendo stati spesi  argomenti  ulteriori
neppure nella memoria difensiva "conclusionale" depositata  da  parte
ricorrente in data 23 aprile 2014) ed in forza dei quali e' possibile
escludere che l'esercizio del diritto di voto nelle elezioni  europee
sia leso dalla normativa nazionale vigente. 
    5.2.1. La difesa dei ricorrenti ha tratto ulteriori  argomenti  a
sostegno della tesi della non rispondenza della soglia di sbarramento
alla  effettiva  liberta'  del  voto  dalla   circostanza   che   con
l'introduzione del nuovo art. 10 del TUE il funzionamento dell'Unione
si  fonda  sulla  democrazia  rappresentativa  e  i  cittadini   sono
direttamente  rappresentati  a  livello  dell'Unione  nel  Parlamento
europeo, mentre gli Stati membri sono rappresentati dal Consiglio. 
    Detta argomentazione e'  stata  inoltre  ricondotta  ad  uno  dei
passaggi chiave utilizzato nella sentenza del 9 novembre 2011 con  la
quale la Corte costituzionale federale tedesca ha ritenuto la  soglia
di sbarramento del 5% presente nella  normativa  sulla  elezione  dei
deputati   nel   Parlamento    Europeo    contraria    ai    principi
dell'eguaglianza nel diritto di voto e delle  pari  opportunita'  dei
partiti politici. 
    Il giudice delle leggi tedesco ha ritenuto che le giustificazioni
fino ad allora adottate nel sistema  costituzionale  tedesco  (ed  in
realta' del tutto  simili  a  quelle  espresse  nella  giurisprudenza
comunitaria  ed  in  quella  costituzionale  italiana)  per  ritenere
conforme ai principi la soglia  minima  di  rappresentativita'  -  in
ragione,  principalmente,  della  utilita'  che  il  correttivo  alla
rappresentativita'  piena  propria  del  sistema  proporzionale  puro
garantisce in ordine  alle  esigenze  di  stabilita'  del  Parlamento
europeo ed alla non eccessiva  frammentarieta'  dei  gruppi  in  esso
presenti - fossero superate dal fatto che il Parlamento  europeo  non
e' caratterizzato  dalla  contrapposizione  tra  una  maggioranza  di
governo e una opposizione ed il processo di formazione della volonta'
parlamentare,  anche  quando  i   Trattati   richiedono   maggioranze
qualificate, non e' condizionato dall'esistenza  di  una  maggioranza
costante costituita da una stabile coalizione di  gruppi  determinati
alla quale si contrappone una opposizione. 
    Ora, il passaggio che si pone all'attenzione  del  giudicante  in
questo procedimento e' quello di  valutare  se  dette  argomentazioni
siano sufficienti a giustificare la non manifesta infondatezza  della
questione di legittimita' sollevata e per tale via determinare la sua
rimessione alla Corte costituzionale. 
    La risposta e' negativa e si fonda sulla interpretazione  che  la
Corte costituzionale italiana ha  di  recente  fornito  con  la  nota
sentenza  n.   1   del   2014   in   ordine   alla   valutazione   di
costituzionalita' da compiersi allorquando si pongono a confronto  le
scelte del legislatore in materia di procedimenti  elettorali  con  i
principi sulla eguaglianza del voto. 
    La Corte costituzionale 
        a) dopo avere premesso che 
- "Questa Corte ha da tempo ricordato  che  l'Assemblea  Costituente,
«pur manifestando, con l'approvazione di un  ordine  del  giorno,  il
favore per il sistema proporzionale nell'elezione  dei  membri  della
Camera dei deputati, non intese irrigidire questa materia  sul  piano
normativo,  costituzionalizzando  una  scelta  proporzionalistica   o
disponendo  formalmente  in  ordine   ai   sistemi   elettorali,   la
configurazione  dei  quali  resta  affidata  alla  legge   ordinaria»
(sentenza n.  429  del  1995).  Pertanto,  la  «determinazione  delle
formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel  quale  si
esprime con un  massimo  di  evidenza  la  politicita'  della  scelta
legislativa» (sentenza n. 242 del 2012; ordinanza n.  260  del  2002;
sentenza n. 107 del 1996). Il principio costituzionale di eguaglianza
del voto - ha inoltre rilevato questa Corte - esige  che  l'esercizio
dell'elettorato attivo avvenga in condizione di  parita',  in  quanto
«ciascun voto contribuisce potenzialmente e con pari  efficacia  alla
formazione degli organi elettivi» (sentenza n. 43 del 1961), ma  «non
si estende  [...]  al  risultato  concreto  della  manifestazione  di
volonta' dell'elettore [...] che  dipende  [...]  esclusivamente  dal
sistema che il legislatore  ordinario,  non  avendo  la  Costituzione
disposto al  riguardo,  ha  adottato  per  le  elezioni  politiche  e
amministrative,  in  relazione  alle   mutevoli   esigenze   che   si
ricollegano alle consultazioni popolari» (sentenza n. 43  del  1961).
Non c'e', in altri termini, un modello di sistema elettorale  imposto
dalla  Carta  costituzionale,  in  quanto  quest'ultima  lascia  alla
discrezionalita' del legislatore la scelta del  sistema  che  ritenga
piu' idoneo ed efficace in considerazione del contesto storico ." - 
        b) ha definito l'ambito entro  cui  operare  il  giudizio  di
legittimita' costituzionale precisando che 
- "In ambiti  connotati  da  un'ampia  discrezionalita'  legislativa,
quale quello in esame, siffatto scrutinio impone a  questa  Corte  di
verificare che il bilanciamento  degli  interessi  costituzionalmente
rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da  determinare
il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva  e
pertanto incompatibile con il dettato costituzionale.  Tale  giudizio
deve    svolgersi    «attraverso    ponderazioni    relative     alla
proporzionalita'  dei  mezzi  prescelti  dal  legislatore  nella  sua
insindacabile discrezionalita' rispetto alle  esigenze  obiettive  da
soddisfare o alle finalita'  che  intende  perseguire,  tenuto  conto
delle circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente  sussistenti»
(sentenza n. 1130 del 1988). Il test di  proporzionalita'  utilizzato
da questa Corte come  da  molte  delle  giurisdizioni  costituzionali
europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza,  ed  essenziale
strumento  della  Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea  per  il
controllo giurisdizionale di legittimita' degli  atti  dell'Unione  e
degli Stati membri, richiede di  valutare  se  la  norma  oggetto  di
scrutinio, con la misura e le modalita'  di  applicazione  stabilite,
sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi  legittimamente
perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva  quella
meno restrittiva dei diritti  a  confronto  e  stabilisca  oneri  non
sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi." - 
        c) per fondare, infine, il giudizio  sulla  non  legittimita'
della norma  censurata  in  presenza  di  un  netto  e  significativo
sbilanciamento dei valori a confronto 
- "Le norme  censurate,  pur  perseguendo  un  obiettivo  di  rilievo
costituzionale, qual e' quello della stabilita' del governo del Paese
e dell'efficienza dei processi decisionali nell'ambito  parlamentare,
dettano  una  disciplina  che  non  rispetta  il  vincolo  del  minor
sacrificio    possibile    degli    altri    interessi    e    valori
costituzionalmente protetti, ponendosi in contrasto con gli artt.  1,
secondo comma, 3, 48, secondo comma, e 67 Cost. In definitiva,  detta
disciplina non e' proporzionata  rispetto  all'obiettivo  perseguito,
posto che determina una compressione della  funzione  rappresentativa
dell'assemblea, nonche' dell'eguale diritto di voto, eccessiva e tale
da  produrre  un'alterazione  profonda   della   composizione   della
rappresentanza   democratica,   sulla   quale   si   fonda   l'intera
architettura dell'ordinamento costituzionale vigente." - 
        Se, dunque, appare corretto ricavare da  detta  pronunzia  il
principio  della  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di
legittimita' costituzionale allorquando  la  scelta  del  legislatore
determina una compromissione  rilevante  ed  evidente  di  uno  degli
interessi costituzionali in gioco, la conseguenza che deve  trarsi  -
nell'affrontare nel caso in esame la questione  della  compatibilita'
della soglia di sbarramento prevista  dalla  legge  sull'elezione  al
Parlamento europeo dei deputati italiani - e' quella di ritenere  che
l'argomento  cardine  della  coerenza  dell'obiettivo'   di   rilievo
costituzionale,  qual  e'   quello   dell'efficienza   dei   processi
decisionali in ambito parlamentare, perseguito con lo  stabilire  una
soglia di sbarramento per i gruppi di minore rappresentativita',  non
puo' considerarsi essere stato superato  in  maniera  cosi'  netta  e
definitiva  rispetto  a  tutte  le  considerazioni   che   la   Corte
Costituzionale, la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato  hanno
sino ad ora svolto nelle rispettive decisioni sopra esaminate,  cosi'
come, di  contro,  sostengono  i  ricorrenti  con  il  richiamo  alla
pronunzia dei Giudici costituzionali tedeschi. 
    In altri termini la questione di legittimita'  costituzionale  in
esame per non ritenersi manifestamente infondata  dovrebbe  avere  ad
oggetto una disposizione normativa che sia priva di giustificazione e
che non sia interpretabile secondo canoni costituzionali adeguati. 
    Seguendo  l'interpretazione  richiamata  deve  ritenersi  che  la
soglia  di  sbarramento  sia  costituzionalmente   legittima   quando
soddisfa i requisiti: 
        del perseguimento di uno scopo legittimo; 
        della proporzionalita' nel raggiungimento di tale scopo. 
    Nel  caso  in  esame  e'  ben  possibile   trovare   una   valida
giustificazione alla presenza della soglia di sbarramento  in  quanto
lo scopo legittimo e' quello della limitazione  della  frammentazione
partitica ed il suo perseguimento  e'  legittimo  in  quanto  non  e'
rivolto alla indiscriminata esclusione dei gruppi che non raggiungono
la soglia. 
    E' opportuno, al riguardo, evidenziare come  nell'interpretazione
giurisprudenziale richiamata  la  legittimita'  costituzionale  della
soglia di sbarramento e' stata giustificata  con  riguardo  non  alla
sola garanzia di stabilita' del rapporto di formazione del governo da
parte  dell'organo  legislativo  ed  al  mantenimento  della  fiducia
parlamentare, ma anche - ed essenzialmente  -  con  riferimento  alla
«efficienza  dei  processi  decisionali  nell'ambito  parlamentare  »
(Corte costituzionale, sentenza n. 1 del 2014), costituendo la soglia
di sbarramento un «correttivo utile  onde  accrescere  la  stabilita'
degli organi elettivi» attraverso « la presenza in Parlamento europeo
di forze politiche che abbiano un ruolo adeguato nel sistema politico
nazionale e che,  come  tali,  siano  idonee  a  concorrere  in  modo
adeguato al processo di formazione delle scelte politiche  in  ambito
europeo», nonche' «a scongiurare il rischio di dispersione del  voto»
(Consiglio di Stato n. 4786 del 2011). 
    Se, dunque, l'interesse degno di tutela che consente di  ritenere
costituzionalmente  corretta  l'introduzione   di   una   soglia   di
sbarramento  e'  rappresentato  (anche   ed   essenzialmente)   dalla
efficienza dei processi decisionali in  ambito  parlamentare,  allora
non c'e' da dubitare che tale valore sia stato  adeguatamente  tenuto
in conto dal legislatore nazionale e cio' in  ragione  dell'esercizio
delle funzioni legislative che sono attribuite al Parlamento Europeo,
nonche'  di  quelle  riconosciute  a  tale  Organo  in   materia   di
approvazione del bilancio - per di piu' -  in  presenza  di  un'ampia
maggioranza e di controllo sulle altre Istituzioni dell'Unione. 
    Esiste nell'ordinamento comunitario l'esigenza di  garantire  nel
momento formativo della volonta' del Parlamento europeo  processi  di
aggregazione quanto piu' semplici e coesi. 
    Restano, quindi, ancora del tutto valide  le  considerazioni  che
vedono  bilanciate  le  contrapposte  esigenze  costituzionali  della
rappresentativita' del voto e dell'efficienza dei processi  formativi
della volonta' parlamentare. 
    5.3. Ricorso Paragrafo 11 pag. 19 . "Esistono altre disposizioni,
oltre che le norme sul finanziamento delle campagne  elettorali,  che
alterano la concorrenza tra i soggetti gia' presenti  nel  Parlamento
Europeo  e  chi  vuole  accedervi  in  base  ad  elezioni  libere   e
democratiche,  quale  e'  l'esenzione  dalla  raccolta  di  firme  di
presentazione ai sensi dell'art. 12 c. 4 1. 18/1979,  mentre i  nuovi
soggetti devono raccogliere non meno di 30.000 sottoscrizioni  e  non
piu' di 35.000 e in tutte le regioni." 
    Le osservazioni  che  sono  state  svolte  in  precedenza  -  nel
richiamare i principi  elaborati  dalla  Corte  Europea  dei  Diritti
dell'Uomo in ordine alla  discrezionalita'  riconosciuta  ai  singoli
Stati membri nei loro rispettivi ordinamenti giuridici  nel  regolare
l'elettorato attivo e passivo - portano ad escludere  che  la  deroga
contenuta nell'art. 12 della legge 24 gennaio 1979 n. 18 comma quarto
alla necessaria sottoscrizione delle liste dei candidati da un  certo
numero di elettori (a mente della  quale  nessuna  sottoscrizione  e'
richiesta: per i partiti  o  gruppi  politici  costituiti  in  gruppo
parlamentare nella legislatura in corso al momento della convocazione
dei comizi anche in una sola delle Camere o che nell'ultima  elezione
abbiano presentato candidature con  proprio  contrassegno  e  abbiano
ottenuto almeno un seggio in una delle due Camere; per  i  partiti  o
gruppi politici che nell'ultima elezione della  Camera  dei  deputati
abbiano presentato liste per  l'attribuzione  dei  seggi  in  ragione
proporzionale con le quali si sia collegato, ai sensi  dell'art.  18,
comma 1, del testo unico delle leggi recanti norme  per  la  elezione
della Camera dei deputati, di cui al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, pur sotto un diverso  contrassegno,
un candidato risultato eletto  in  un  collegio  uninominale;  per  i
partiti o gruppi politici che nell'ultima elezione abbiano presentato
candidature con proprio contrassegno ed abbiano  ottenuto  almeno  un
seggio  al  Parlamento  europeo;  nel  caso  in  cui  la  lista   sia
contraddistinta da un contrassegno composito, nel quale sia contenuto
quello di  un  partito  o  gruppo  politico  esente  da  tale  onere)
rappresenti una irragionevole limitazione del diritto  dei  cittadini
di partecipare alle elezioni  e  non  garantisca  le  condizioni  per
assicurare la libera espressione dell'opinione del popolo. 
    La scelta del legislatore e' riconducibile non ad  un  arbitrario
vantaggio che viene accordato ai  soggetti  politici  che  sono  gia'
presenti nelle istituzioni, ma all'apposizione di un filtro idoneo ad
evitare che il procedimento elettorale sia aperto  indistintamente  a
qualsiasi soggetto che non abbia  raggiunto  tra  la  popolazione  un
minimo di aggregazione e di consenso, filtro che opera attraverso  la
soglia di sbarramento rappresentato dal numero delle firme necessarie
per la presentazione di una lista nuova e che non  opera,  viceversa,
per quei partiti o gruppi politici la cui presenza in parlamento o la
cui partecipazione a precedenti elezioni dimostra come sia gia' stato
raggiunto e comprovato tra la popolazione quel minimo di aggregazione
e di consenso. 
    Sul punto non  appare  contenere  alcun  argomento  decisivo  per
l'accoglimento della tesi rappresentata dai ricorrenti la  decisione,
richiamata  da  costoro,  assunta  dalla  Corte  di  Giustizia  della
Comunita' Europea del 23  aprile  1986  nella  causa  C.294/83  Parti
Ecologiste «Les Vertes» contro Parlamento Europeo. 
    In tale decisione la Corte - nel valutare  la  diversa  questione
(rispetto a quella posta nel presente procedimento) della  violazione
dell'art. 7 n. 2 dell'atto 20 settembre  1976  relativo  all'elezione
dei rappresentanti dell'Assemblea a suffragio universale  diretto  da
parte  della  decisione  assunta  dall'Ufficio  di   presidenza   del
Parlamento europeo 12 ottobre 1982, concernente la ripartizione degli
stanziamenti iscritti nella voce 3708  del  bilancio  generale  delle
Comunita' europee,  e  della  decisione  dell'Ufficio  di  presidenza
ampliato del Parlamento europeo 29 ottobre 1983, recante adozione del
regolamento per l'impiego degli stanziamenti  destinati  al  rimborso
delle spese delle formazioni  politiche  partecipanti  alle  elezioni
europee del 1984 - ha statuito  che  nella  nozione  della  procedura
elettorale uniforme di cui all'art. 138 n.  2  del  Trattato  rientra
anche la regolamentazione dei rimborsi elettorali per  i  gruppi  che
partecipano alle elezioni con la conseguenza, costituente  il  motivo
pregiudiziale rispetto a tutti gli altri di accoglimento del ricorso,
che detta regolamentazione rientrava tra gli atti di  competenza  dei
legislatori nazionali e non anche del Parlamento Europeo che lo aveva
assunto. 
    Prendendo,  infine  (ed   ancora   una   volta),   spunto   dalle
osservazioni svolte dalla Corte costituzionale nella  sentenza  n.  1
del 2014 deve ritenersi che la scelta del legislatore di regolare  il
procedimento   elettorale   rispetta   la   Carta   allorquando    il
bilanciamento  degli   interessi   costituzionalmente   rilevanti   a
confronto e' stato realizzato con modalita' tali da  non  determinare
il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e,
come tale, incompatibile con il dettato costituzionale. 
    Tale giudizio deve avvenire con  le  modalita'  illustrate  dalla
Corte Costituzione quali  in  precedenza  richiamate  (cfr.  sentenza
citata paragrafo 3.1). 
    La rimessione alla Corte  delle  questioni  di  costituzionalita'
dell'art. 12  in  esame  e'  da  escludersi  poiche'  la  scelta  del
legislatore di disporre uno sbarramento minimo in termini di semplice
adesione di un certo numero di firmatari alla  lista  per  quelle  di
nuova partecipazione al procedimento elettorale  europeo  non  appare
arbitrario,  in  quanto  teso  ad   evitare   il   rischio   di   una
frammentazione eccessiva dei soggetti  partecipanti  alla  formazione
delle  politiche  europee,  nonche'  a  scongiurare  il  rischio   di
dispersione del voto. 
    5.4. Ricorso Paragrafo 12 pag. 19. "La legge  elettorale  europea
18/1979 e s.m.i. presenta problemi di costituzionalita' in  relazione
alle norme speciali  e  derogatorie  previste  per  alcune  minoranze
linguistiche e precisamente la francese della Val d'Aosta, la tedesca
della Provincia di Bolzano e la slovena del Friuli Venezia  Giulia  (
art. 12 c. 8, 21 c. 1 nn 1) e 3) e, 22 c. 2  e  3  1.  18/1979,  come
modificata dalla legge 10/2009. Ci sono tre ordini di problemi: A) Il
trattamento  differenziato  rispetto  alle   norme   elettorali   per
l'elezione della Camera dei Deputati; B) il trattamento differenziato
delle minoranze linguistiche francese,  tedesca  e  slovena  rispetto
alle altre minoranze riconosciute con la legge n. 482/1999 di  tutela
delle minoranze linguistiche storiche; C) il  trattamento  in  favore
delle minoranze linguistiche, rispetto alle minoranze politiche." 
    La questione sub A non ha  alcuna  rilevanza  autonoma  ai  fini'
dell'accertamento oggetto della domanda. 
    Le  questioni  sub  B  -  che  e'  stata  formulata  in   termini
contraddittori, atteso che i ricorrenti affermano di non dolersi,  in
quanto contrari alle soglie di accesso  alle  elezioni  europee,  che
certe facolta' siano concesse alle minoranze linguistiche ma  che  si
limitino solo ad esse e non operino anche in altri casi - e sub C  si
risolvono nella valutazione della conformita' ai principi posti dagli
artt. 3, 48, 49 e 51 della Costituzione  della  previsione  contenuta
nel combinato degli artt. 12, comma 9, 21, comma 1 nn. 1 e 3,  e  22,
commi 2 e 3  della  legge  n.  18  del  1979  in  considerazione  del
riconoscimento da parte del legislatore di  una  deroga  alla  regola
della previsione della soglia di sbarramento in favore dei partiti  o
gruppi politici espressione di alcune (e,  segnatamente,  delle  sole
tre minoranze linguistiche richiamate  dell'art.  12  comma  9  della
legge n. 18  del  1979)  e  non  di  tutte  le  altre  minoranze  sia
linguistiche, sia politiche. 
    5.4.1.  La  questione   appare   manifestamente   infondata   con
riferimento  al  diverso  grado  di  tutela   delle   minoranze   non
linguistiche, rispetto a queste ultime,  atteso  che  la  distinzione
caratterizzante una minoranza linguistica da una minoranza  politica,
in uno con la previsione contenuta nell'art. 6 della Costituzione, e'
di per se' idonea a giustificare la  regolamentazione  da  parte  del
legislatore con modalita' differenti per la prima, ma non  anche  per
la seconda, del procedimento  elettorale  senza  con  questo  violare
alcun principio costituzionale. 
    5.4.2. Oltreche' rilevante, appare non  manifestamente  infondata
la questione relativa alla discriminazione che la norma opera tra  le
liste di candidati  eventualmente  presentate  da  partiti  o  gruppi
politici espressi dalla minoranza  di  lingua  francese  della  Valle
d'Aosta, di lingua tedesca della provincia di  Bolzano  e  di  lingua
slovena del Friuli-Venezia Giulia e le liste eventualmente presentate
da altre minoranze linguistiche riconosciute e tutelate da una  legge
dello Stato o da Convenzioni Internazionali sottoscritte e ratificate
dall'Italia. 
    Le norme censurate sono: 
        a) l'art. 12, comma 9, L.18/1979; 
        b) l'art. 21, comma 1 nn. 1 e 3 L. 18/1979; 
        c) l'art. 22, commi 2 e 3 L.18/1979 . 
    Le  ragioni  della  censura  sono  state   cosi'   espresse   dai
ricorrenti. 
    "Soltanto  le  liste  espressione  delle  minoranze  linguistiche
specificate possono partecipare alle elezioni in coalizione con altre
liste, con l'unico limite che si tratti  di  una  lista  presente  in
tutte le circoscrizioni.  Questa  possibilita'  consente  soltanto  a
queste liste di poter sottrarsi alla soglia  di  accesso  del  4%  su
scala nazionale. 
    Si pone una questione di disparita' di  trattamento  vietata  dal
combinato disposto degli artt. 2 e 3 Cost. e trattandosi di  elezioni
anche dell'art. 51  Cost.,  in  quanto  un  candidato  in  una  lista
espressione di minoranza linguistica,  tedesca  o  slovena  partecipa
alle elezioni in una condizioni di maggior favore. . . .  Il  mancato
riconoscimento nella legge elettorale di altre minoranze linguistiche
riconosciute e tutelate da una legge dello  Stato  e  da  convenzioni
internazionali sottoscritte (La Carta europea delle lingue  regionali
o minoritarie conclusa a Strasburgo  il  5  novembre  1992)  e  anche
ratificate (Convenzione-quadro  per  la  protezione  delle  minoranze
nazionali fatta a Strasburgo il l° febbraio 1995, ratificata  con  L.
28 agosto 1997, n. 302 in Gazzetta  Ufficiale  n.  215  S.O.  del  15
settembre 1997) dall'Italia oltre che discriminazione  in  violazione
dell'art. 3  Cost.  limita  gravemente  la  liberta'  di  voto  e  la
possibilita'  di  candidarsi  per  gli  appartenenti  alle  minoranze
linguistiche diverse  da  quelle  slovena,  francese  e  tedesca  con
violazione degli artt. 48 e 51 Cost.". 
    La questione di legittimita' costituzionale in esame e' rilevante
al fine  dell'accoglimento  dell'azione  di  accertamento-costitutiva
proposta dai ricorrenti e la  sua  non  manifesta  infondatezza  puo'
apprezzarsi per le seguenti ragioni. 
    La Carta  Costituzione  riconosce  all'art.  6  la  tutela  delle
minoranze linguistiche. 
    Il legislatore nazionale con la legge 15 dicembre 1999 n. 482  ha
previsto all'art. 2 che «in attuazione dell'art. 6 della Costituzione
e in armonia  con  i  principi  generali  stabiliti  dagli  organismi
europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura
delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche,  slovene  e
croate e di quelle parlanti il  francese,  il  franco-provenzale,  il
friulano, il ladino, l'occitano e il sardo». 
    Il riconoscimento delle minoranze linguistiche era gia'  presente
nella normativa nazionale e regionale del  nostro  ordinamento  anche
prima della entrata in vigore della legge n. 482 del 1999 e le misure
di tutela delle minoranze linguistiche  sono  andate  successivamente
sempre piu' ampliandosi. 
    La normativa comunitaria riconosce inoltre, accanto  alla  tutela
particolarmente accentuata delle lingue regionali o  minoritarie  (di
cui alla Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie  adottata
dal Consiglio d'Europa il 5.11.1992), « la protezione delle minoranze
nazionali e dei diritti delle liberta' delle persone  appartenenti  a
queste minoranze» e garantisce «ad ogni persona appartenente  ad  una
minoranza nazionale il diritto all'eguaglianza di fronte alla legge e
ad una  eguale  protezione  dalla  legge»  attraverso  l'adozione  di
«misure adeguate in vista di promuovere, in  tutti  i  settori  della
vita economica, sociale, politica e culturale una  eguaglianza  piena
ed effettiva tra le persone appartenenti ad una minoranza nazionale e
quelle appartenenti alla maggioranza» (artt. 1 e 2 della  Convenzione
quadro  per  la  protezione  delle  minoranze  nazionali   Strasburgo
1.2.1995 ratificata con la legge n. 302 del 1997) . 
    Gli Stati europei hanno predisposto una varieta' di strumenti per
garantire  la  rappresentanza  politica  delle  minoranze  etniche  e
linguistiche nei paesi  in  cui  vivono  ed,  in  particolare,  nella
materia elettorale. 
    Alcuni ordinamenti conoscono regole  specifiche  a  favore  delle
minoranze per limitare gli effetti conseguenti alla previsione  delle
soglie di sbarramento. 
    Rientrano in detta categoria le deroghe nella applicazione  della
generale clausola di sbarramento previste per i  partiti  espressione
delle minoranze etniche o linguistiche, per effetto delle quali  tali
partiti non devono piu' raggiungere la percentuale  minima  dei  voti
prevista per l'acquisizione dei seggi. 
    L'ordinamento italiano prevede il  predetto  tipo  di  correttivo
nella legge elettorale per l'elezione della Camera dei deputati (art.
83, c. 1 . n. 3 del DPr n. 361 del 1957 e sue successive modifiche). 
    Fanno parte di tale categoria e perseguono anch'esse la  funzione
di  facilitare  l'accesso  alla  partecipazione  parlamentare   delle
minoranze anche quelle norme che ammettono il collegamento tra liste. 
    In tal senso gli articoli 12, 21 e 22 della legge sulle  elezioni
al parlamento europeo qui in esame ammettono per il riparto dei seggi
il collegamento di liste di candidati  dei  partiti  delle  minoranze
tedesca, slovena e francese con un altro partito che sia presente  in
tutti i collegi. 
    Le regole in questione  volte  ad  assicurare  una  tutela  delle
minoranze non  sono  state  considerate  contrarie  al  principio  di
eguaglianza (vedi i punti 22 e 23 del Codice  di  buona  condotta  in
materia  elettorale  adottato  dalla  Commissione  di  Venezia  nella
sessione del 18/19 ottobre 2002) poiche' non mirano a  garantire  una
rappresentanza alle  minoranze  in  quanto  tali,  ma  sono,  bensi',
dirette  a  creare  una  situazione  di  effettiva  eguaglianza   nel
procedimento elettorale sia tra minoranze e resto della popolazione e
sia tra diverse minoranze. 
    La stessa Corte costituzionale nella sua giurisprudenza  ha  piu'
volte  affermato  che  la   tutela   delle   minoranze   linguistiche
costituisce un principio fondamentale dell'ordinamento costituzionale
poiche' si situa al punto di incontro con  altri  principi,  definiti
"supremi",  che  qualificano  indefettibilmente   e   necessariamente
l'ordinamento vigente, quali il principio  pluralistico  riconosciuto
dall'art. 2 ed il principio di eguaglianza riconosciuto  dall'art.  3
della Costituzione (cfr. Corte costituzionale  sentenza  n.  159  del
2009 ed ulteriori richiami ai precedenti ivi contenuti). 
    Inquadrate in un simile contesto, le norme in esame paiono  porsi
effettivamente  in  contrasto  con  il  fondamentale   principio   di
eguaglianza e con le garanzie costituzionali  riconosciute  dall'art.
48 al diritto di voto in condizioni di eguaglianza e dall'art. 51 per
l'accesso in condizioni di eguaglianza alle cariche  elettive,  posto
che la previsione nel procedimento elettorale europeo di correttivi a
tutela delle minoranze linguistiche ed  etniche  non  e'  rivolta  in
egual misura e con identica efficacia nei confronti di tutti i gruppi
espressione delle minoranze linguistiche  riconosciute  espressamente
nel nostro ordinamento. 
    Solo le liste  dei  candidati  dei  tre  gruppi  delle  minoranze
previsti  nell'art.  12  comma  9  godono  della  particolare  regola
elettorale sopra vista che facilita' l'accesso alla  carica  elettiva
di parlamentare europeo,  senza  che  sia  individuabile  una  valida
giustificazione del trattamento  deteriore  che  viene  riservato  in
legge alle liste rappresentative di  partiti  o  gruppi  appartenenti
alle altre minoranze albanesi, catalane, greche, croate e  di  quelle
parlanti il franco-provenzale, il friulano, il ladino,  l'occitano  e
il sardo pure riconosciute dalla legislazione di settore nazionale. 
6. Il rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFEU alla Corte  di
Giustizia dell'UE. 
    La richiesta del rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFEU
alla Corte di Giustizia dell'UE puo' essere  disattesa  non  solo  in
forza di buona parte delle considerazioni di merito sopra svolte,  ma
anche considerando che dalle decisioni sopra richiamate  della  Corte
Europea dei Diritti dell'Uomo nei ricorsi n. 10226/03 Yumak e  Saddak
c.Turchia in data 8 luglio 2008 e n. 11583/08 Saccomanno c. Italia in
data 13 marzo 2012 si evince il  principio  del  riconoscimento  agli
Stati membri di un  ampio  margine  di  discrezionalita'  in  materia
elettorale dal quale consegue (secondo l'insegnamento contenuto nella
Sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 paragrafo 5) che la
compatibilita' di tali norme con i vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario si  traduce  in  una  valutazione  riservata  alla  Corte
costituzionale. 
7. L'accoglimento parziale del ricorso e la sospensione del giudizio. 
    Alla stregua delle considerazioni  tutte  sin  qui  svolte,  deve
ritenersi che: 
        a) non possa trovare accoglimento il  ricorso  presentato  da
Pattarozzi Andrea e Pili Mauro; 
        b) debba essere respinta la richiesta dei restanti ricorrenti
di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 267  TFUE  alla  Corte  di
Giustizia       dell'UE        delle        questioni        relative
all'interpretazione/applicazione del diritto comunitario; 
        c) tra tutte  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate dai ricorrenti Cabitza Flavio, Carboni Mario, Cocco Andrea,
Colli Giovanni, Golme Sarah, Melis Leonardo, Mureddu Celestino, Murru
Pietro, Patta  Antioco,  Satta  Mario  e  Zedda  Paolo  Flavio  debba
ritenersi rilevante e non manifestamente infondata  solamente  quella
avente ad oggetto gli artt.12, comma 9, 21, comma 1 nn. 1 e 3, e  22,
commi 2 e 3, della legge 24 gennaio 1979, n. 18 cosi' come modificata
dalla legge 20 febbraio 2009, n. 10 "Modifiche alla legge 24  gennaio
1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo
spettanti all'Italia" in relazione agli artt. 3, 48, secondo comma, e
51, primo comma, della Costituzione; 
        d) il presente giudizio  debba  essere  sospeso  per  effetto
della   rimessione   della   predetta   questione   di   legittimita'
costituzionale alla decisione della Corte costituzionale.